Introduzione: Che cos’è il Neoplatonismo?

Il Neoplatonismo è una corrente filosofica che fiorisce nel contesto del tardo Impero Romano, influenzando in modo significativo la cultura, la spiritualità e il pensiero successivi, compreso il pensiero cristiano, e permeando la filosofia medievale, rinascimentale e oltre. All’origine del Neoplatonismo troviamo Plotino (204/5 – 270 d.C.), la figura più celebre e influente del movimento. Egli riprende e rielabora il pensiero di Platone, arricchendolo con elementi mistici e metafisici, creando un sistema filosofico complesso e coerente che ruota attorno a tre principi fondamentali: l’Uno, l’Intelletto e l’Anima.
- L’Uno: Principio supremo, trascendente, ineffabile. È l’origine di tutte le cose, il Bene assoluto.
- L’Intelletto (Nous): La prima emanazione dell’Uno, la sfera delle Idee e delle Forme pure, la dimensione dell’intelligenza divina.
- L’Anima (Psiche): L’emanazione successiva, il ponte tra il mondo intelligibile e quello sensibile, la radice della vita nel cosmo.
- Il mondo materiale: Ultimo gradino di questa gerarchia ontologica, il livello più basso e frammentario di esistenza.
Il cammino spirituale proposto dal Neoplatonismo è un percorso di “ritorno all’Uno” attraverso l’introspezione, la purificazione dell’anima, la contemplazione e il superamento delle illusioni del mondo sensibile. Si tratta di una salita simbolica che conduce l’anima dalla molteplicità della materia alla semplicità e unità della fonte divina.
Escursionismo neoplatonico: un parallelo tra montagna e metafisica
Cosa significa parlare di “escursionismo neoplatonico”? Il termine è ovviamente una metafora, un modo poetico e suggestivo di applicare i principi neoplatonici a un’attività concreta e tangibile come la camminata in ambienti naturali. Tuttavia, questa non è una forzatura: la pratica dell’escursionismo può diventare un’esperienza simbolica di elevazione, un viaggio reale e spirituale insieme, in cui il corpo scala vette e l’anima ascende verso un principio più alto.
L’escursionismo neoplatonico, infatti, non si limita a una semplice passeggiata; è una forma di avventura interiore nel paesaggio esterno. L’obiettivo non è tanto raggiungere una destinazione geografica (una cima, un rifugio, un valico) quanto sintonizzarsi con dimensioni più profonde della realtà. Durante il cammino, l’escursionista neoplatonico si pone come un pellegrino dell’anima, alla ricerca di tracce dell’Uno nelle manifestazioni della natura.
Luoghi e itinerari: la scelta della meta
Un primo aspetto dell’escursionismo neoplatonico riguarda la selezione dei luoghi da visitare. Sebbene sia possibile adottare questo approccio ovunque, l’ideale è scegliere ambienti in grado di evocare l’immensità, la profondità e il mistero dell’esistenza. Alte montagne, vallate silenziose, boschi antichi, coste selvagge, deserti o steppe: paesaggi in cui la presenza umana è discreta e la natura mostra ancora il suo volto incontaminato.
Perché proprio questi ambienti? Perché, secondo la visione neoplatonica, il mondo sensibile è un’immagine, per quanto imperfetta, del mondo intelligibile. Le grandi forme geologiche, le linee pure degli orizzonti, la purezza di un cielo stellato possono, in qualche misura, rimandare all’armonia delle Forme ideali. L’escursionista neoplatonico vede nella bellezza naturale un simbolo, un riflesso che, se contemplato con mente limpida, può condurre oltre l’aspetto fenomenico, verso l’Uno.

L’ascesa come metafora: dal molteplice all’Uno
Uno dei temi chiave del Neoplatonismo è l’ascesa dell’anima attraverso i vari livelli dell’essere. Partendo dal mondo materiale, frammentato e mutevole, l’anima si eleva all’Intelletto, dove dimorano le essenze eterne, e da lì tenta un contatto con l’Uno, suprema semplicità. Questo movimento ascensionale ha una straordinaria analogia con l’atto di scalare una montagna.
L’escursionista parte dalla valle, un luogo complesso, ricco di dettagli, rumori, distrazioni. Man mano che sale, l’ambiente si fa più rarefatto, i suoni si diradano, la vista si allarga in un panorama di forme essenziali (rocce, neve, cielo). È come se, passo dopo passo, egli lasciasse la molteplicità sensibile per entrare in un dominio sempre più semplice ed essenziale. Arrivato in vetta, può accadere di provare una sensazione di quiete, di sospensione del tempo, di contemplazione dell’unità del paesaggio. Questo momento può essere interpretato come una breve intuizione dell’Uno: la mente, svuotata dal rumore, percepisce l’unità del tutto.
Silenzio e contemplazione: la pratica interiore
Un elemento centrale dell’escursionismo neoplatonico è l’importanza del silenzio, inteso non solo come assenza di suoni artificiali, ma soprattutto come condizione interiore. Durante il cammino, l’escursionista può coltivare un atteggiamento contemplativo: osservare la natura senza giudizio, ascoltare il vento tra gli alberi, il ruscello che scorre, il respiro del proprio corpo. Questo silenzio interiore, questa attenzione non dispersa, favorisce quella “ascesi” dell’anima di cui parlava Plotino.
Non si tratta di una meditazione rigida, bensì di una presenza consapevole che trasforma l’escursione in un rito. L’atto di camminare diviene un simbolo del procedere verso la fonte, verso l’Uno. Le soste lungo il percorso non sono solo pause per riprendere fiato, ma opportunità per riflettere sui livelli dell’esistenza, sulla distanza che separa l’anima dalla sua origine e sulla possibilità di colmarla attraverso la contemplazione.

La natura come emanazione e simbolo
Il Neoplatonismo concepisce la realtà come un’emanazione dall’Uno: dal principio supremo scaturisce l’Intelletto, dall’Intelletto l’Anima, dall’Anima il mondo materiale. Ogni livello riflette quello superiore, pur essendo più frammentario e imperfetto. La natura, dunque, non è semplicemente “materia bruta”, ma una manifestazione derivata di principi più alti.
Nell’escursionismo neoplatonico, questa visione si traduce nella capacità di leggere la natura come un libro sacro, un insieme di simboli. La maestosità di una vetta, la trasparenza di un lago alpino, la geometria di un fiore selvatico: tutto può diventare segno di un ordine più elevato. L’escursionista non si limita a osservare, ma cerca di cogliere l’intelligenza che governa il cosmo, quella stessa intelligenza (Nous) che, secondo il Neoplatonismo, è il secondo principio dopo l’Uno.
Differenze con altri approcci escursionistici
Per comprendere meglio l’escursionismo neoplatonico, può essere utile metterlo a confronto con altri stili escursionistici “filosofici” precedentemente delineati.
- Escursionismo epicureo: Cerca il piacere, la serenità sensoriale. L’escursionista neoplatonico, invece, guarda oltre il piacere immediato, puntando a una dimensione spirituale più alta.
- Escursionismo stoico: Mira alla forza d’animo e all’accettazione del destino. Il neoplatonico non combatte contro le difficoltà, ma le utilizza come scala per salire, mirando non solo alla virtù morale, ma alla contemplazione dell’Uno.
- Escursionismo esistenzialista: È incentrato sulla libertà individuale e sulla ricerca di senso soggettivo. Il neoplatonico riconosce un ordine oggettivo superiore, cercando di ascendere a quel livello per trovare significato.
- Escursionismo fenomenologico: Si concentra sull’esperienza immediata del fenomeno. Il neoplatonico, pur attento all’esperienza, la interpreta come simbolo di realtà superiori, trascendendo l’immanenza del fenomeno.
Strumenti pratici per l’escursionista neoplatonico
Come integrare gli insegnamenti neoplatonici nell’escursionismo quotidiano?
- Scelta del percorso: Preferire itinerari che offrano un’esperienza di gradualità: partire da un fondovalle e salire gradualmente, attraversando diversi ambienti. Questo favorisce la sensazione di ascesa metafisica.
- Silenzio e lentezza: Camminare con calma, evitando rumori superflui. Se possibile, ridurre l’utilizzo di dispositivi elettronici. Il cellulare può rimanere spento o in modalità aereo; l’attenzione è rivolta al qui e ora.
- Osservazione contemplativa: Non limitarsi a “vedere” il paesaggio, ma contemplarlo. L’obiettivo è cogliere l’ordine, la proporzione, l’armonia celata dietro le forme.
- Diario e riflessioni: Portare con sé un taccuino. Durante le pause, annotare sensazioni, pensieri, immagini interiori. Questi appunti possono diventare una sorta di meditazione scritta, un dialogo con se stessi sulla salita interiore.
- Letture ispiranti: Prima dell’escursione, rileggere qualche passo di Plotino o altri neoplatonici. Un breve paragrafo può fungere da “talismano” mentale, un pensiero da richiamare lungo il sentiero.
- Rito dell’arrivo in vetta: Una volta raggiunta la meta (una cima, un punto panoramico), concedersi un momento di raccoglimento, chiudere gli occhi, ascoltare il vento e cercare quell’unità silenziosa, quel contatto intuitivo con l’Uno.
Il ruolo della bellezza
Nel Neoplatonismo, la bellezza non è un semplice ornamento, ma una via privilegiata per salire verso l’Uno. La bellezza è il riflesso dell’ordine intelligibile nel mondo sensibile. L’escursionista neoplatonico riconosce la bellezza nella natura selvaggia, non solo nelle forme appariscenti, ma anche nei dettagli nascosti. Un minuscolo fiore su una roccia, un muschio color smeraldo, la linea elegante di un crinale contro il cielo: tutti elementi che rimandano a un’armonia superiore.
L’esperienza estetica diventa esperienza metafisica. Ammirare un paesaggio con occhi neoplatonici significa sentirlo come emanazione di un principio unitario. La bellezza agisce come una calamita spirituale, sollevando l’anima dal piano del sensibile verso quello dell’intelligibile.
Applicazioni contemporanee: un’antica saggezza per tempi moderni
Può sembrare strano parlare di Neoplatonismo nel XXI secolo, eppure i valori di questa filosofia antica possono aiutare l’uomo moderno a riscoprire dimensioni trascurate. Viviamo in un’epoca di frammentazione, di distrazioni continue, di rumore incessante. L’escursionismo neoplatonico offre un antidoto: invita a recuperare il silenzio, la profondità, la ricerca di un principio unificante.
Non si tratta di un dogma religioso o di un codice rigido, ma di un atteggiamento, un orientamento. Chi pratica questo tipo di escursionismo non deve necessariamente aderire al pensiero neoplatonico in senso dottrinale, ma può trarre ispirazione dalla sua visione elevata, facendo della camminata una pratica meditativa e contemplativa.
Conclusioni
L’escursionismo neoplatonico è una metafora ed una pratica insieme. Metafora, perché il cammino fisico rispecchia l’ascesa metafisica dall’ambito molteplice della natura sensibile a quello unitario della fonte divina. Pratica, perché concretamente il modo di camminare, osservare, ascoltare può cambiare, rendendo l’esperienza outdoor un’occasione per avvicinarsi all’ineffabile.
In un panorama di stili e filosofie dell’escursionismo, l’approccio neoplatonico si distingue per la sua vocazione contemplativa e spirituale. Non cerca l’utilità, l’efficienza, l’agonismo o il comfort, ma la riscoperta di un ordine supremo, celato nelle profondità della natura e, soprattutto, dell’anima. Dopo tutto, la montagna non è solo un insieme di rocce e boschi: può diventare un altare naturale su cui elevare lo sguardo verso l’Uno, riscoprendo quell’armonia originaria di cui siamo parte, e che il Neoplatonismo ha saputo cantare con rara intensità.
[Nella foto in alto Dissertazione tra filosofi, scolpiti in rilievo sul presunto sarcofago di Plotino (tutte le immagini sono tratte da Wikipedia)]