Introduzione: il dubbio come compagno di viaggio
Lo scetticismo, nella storia del pensiero, è l’atteggiamento di chi mette in discussione le certezze, di chi rifiuta di accettare verità assolute senza un vaglio critico, e talvolta sospende il giudizio in attesa di prove più solide. Dal filosofo greco Pirrone a quelli della corrente scettica medio e neoaccademica, fino alle forme di scetticismo moderno e contemporaneo, il tratto distintivo è la mancanza di dogmi e l’inclinazione a rimettere sempre tutto in questione.
Ma come si traduce lo scetticismo in un approccio all’escursionismo, all’esperienza del camminare nella natura? L’“Escursionismo scettico” può essere descritto come una pratica in cui l’escursionista non dà mai nulla per scontato: né la meta, né il sentiero, né la propria percezione della fatica, del clima, del tempo a disposizione. Ogni tappa, ogni indicazione, ogni aspetto dell’itinerario è sottoposto a un costante esame critico. Il risultato non è semplicemente caos o smarrimento, bensì un modo di sperimentare il percorso in modo aperto, flessibile, curioso, privo di certezze granitiche, ma proprio per questo fertile in potenzialità.
Le radici filosofiche: dallo scetticismo antico a quello moderno
Lo scetticismo ha radici lontane nella filosofia antica. I principali esponenti dello scetticismo greco, come Pirrone, suggerivano che la felicità (ataraxia) si ottenga sospendendo il giudizio di fronte alle questioni ultime, evitando l’ansia di conoscere verità assolute su argomenti che sfuggono alla certezza. Gli scettici accoglievano la fallibilità dei sensi, la parzialità della ragione, e rinunciavano a ogni pretesa di conoscenza dogmatica. Il loro obiettivo non era negare la realtà, ma evitare la trappola della presunzione: meglio restare in un dubbio pacato, mantenendo la mente aperta a più interpretazioni.
In epoca moderna, filosofi come Cartesio, Hume e altri hanno ripreso in chiave diversa lo scetticismo: Cartesio lo adottò come metodo, provando a dubitare di tutto per giungere a una certezza incontrovertibile (il celebre “Cogito ergo sum”). Hume mostrò scetticismo sui nessi causali e sulle induzioni, mettendo in guardia dal costruire conoscenze troppo assolute dal limitato punto di vista umano. In queste evoluzioni, lo scetticismo diviene una strategia intellettuale, un esercizio di umiltà cognitiva.
Traslare questi principi all’escursionismo significa confrontarsi con l’ambiente naturale senza dare per certo di conoscere il percorso migliore, di capire pienamente le condizioni meteo, o di poter prevedere come andrà la giornata. Significa rimanere disponibili a cambiare strada, a re-interpretare la segnaletica, a reindirizzare i propri obiettivi. Questa apertura può sembrare disorientante, ma è anche liberatoria: non si è schiavi di un itinerario prefissato, di aspettative rigide o di mappe considerate infallibili.
Caratteristiche dell’Escursionismo scettico
- Sospensione del giudizio sull’itinerario:
L’escursionista scettico non parte con una meta assoluta: sceglie un punto di partenza, ma non dà per scontato che arriverà esattamente dove previsto. Non significa mancare di organizzazione, ma essere disposto a rivedere i piani: se un sentiero si rivela meno interessante, può deviare su un altro, se incontra una biforcazione non segnata, non si fida ciecamente delle indicazioni, ma valuterà con attenzione, mettendo in dubbio ciò che dice la guida o la mappa. - Dubbio metodico sulle fonti:
Guide cartacee, app di navigazione, tracce GPS, consigli di amici e indicazioni dei cartelli – tutto è utile, ma nulla è considerato del tutto certo. L’escursionista scettico prende le informazioni con il beneficio del dubbio: un ponte che sulla mappa è segnato potrebbe non esserci più, un rifugio indicato come aperto potrebbe essere chiuso. Invece di cadere nello sconforto, lo scettico è pronto ad adattarsi alla nuova situazione. - Lentezza e attenzione sensoriale:
Non avendo certezze da confermare, l’escursionista scettico è molto attento al momento presente. Osserva con cura ogni segnale, ascolta i suoni dell’ambiente, annusa l’aria, si affida al proprio corpo come strumento di navigazione esperienziale. Non pretende di sapere già dove sta andando: scruta, si interroga, considera alternative, e in questo processo diventa più sensibile al contesto naturale. - Flessibilità nelle scelte:
Invece di fissare un obiettivo rigoroso (la vetta di una certa montagna, un determinato lago, un rifugio preciso), l’escursionista scettico accetta la possibilità di fermarsi prima, di tornare indietro, di esplorare un sentiero secondario. Questa flessibilità non è resa a caso, ma è frutto di un atteggiamento critico: ogni scelta è provvisoria, aperta a revisione, valutata in base alle circostanze in evoluzione. - Disponibilità all’indeterminatezza:
L’incertezza diventa uno stato mentale pacificato. Mentre altri soffrono se non sanno esattamente quanto manca alla meta, lo scettico è pronto a relativizzare: se non dovesse raggiungere il luogo previsto, potrà comunque imparare qualcosa, scoprire un panorama inatteso, godere del percorso in sé piuttosto che di un traguardo prestabilito.
Confronto con altre forme di Escursionismo filosofico
- Con lo stoicismo: L’escursionismo stoico enfatizza la resistenza alle difficoltà, accettando le avversità come prova di virtù. Lo scettico, invece, non è spinto tanto dalla sopportazione del dolore quanto dal non affidarsi a presunte certezze. Lo stoico ha un obiettivo morale (fortificarsi), lo scettico è più incline a dire: “Non so se esiste un obiettivo morale finale, ma continuo a camminare e a esplorare.”
- Con l’epicureismo: L’escursionista epicureo cerca il piacere moderato, sceglie i sentieri più gradevoli. Quello scettico non nega il piacere, ma non lo pone come criterio assoluto: semplicemente non sa se quel sentiero porterà piacere o fatica, e non si affanna per garantirsi l’uno o fuggire l’altra. Accetta di non sapere in anticipo se si divertirà o no.
- Con il cartesianesimo: L’escursionista cartesiano vuole ridurre l’incertezza con il dubbio metodico fino a raggiungere almeno una certezza (come la meta finale ben definita). Lo scettico potrebbe restare nel dubbio senza cercare una certezza fondamentale. L’escursionista cartesiano potrebbe dire: “Metto in dubbio il sentiero, ma troverò una prova chiara della giusta direzione.” Lo scettico risponde: “Forse non esiste una direzione perfetta; mi adatto strada facendo.”
I benefici dell’Escursionismo scettico
- Libertà mentale:
Rinunciando a verità assolute, l’escursionista scettico si libera dalla rigidità delle aspettative. Non soffre se il sentiero non è quello indicato, non va in crisi se un imprevisto gli impedisce di raggiungere la meta. È mentalmente flessibile, capace di apprezzare ciò che trova lungo il cammino. - Creatività nel percorso:
Senza un itinerario dogmatico, l’escursionista scettico può scoprire nuovi luoghi, addentrarsi in zone poco battute, valorizzare aspetti dell’escursione che altrimenti sarebbero rimasti in ombra. La ricerca della via non è solo necessità, ma anche gioco esplorativo. - Riduzione dell’ansia da prestazione:
Se non ci sono obiettivi certi, non c’è ansia da prestazione. Se non si raggiunge la vetta, non è un fallimento, perché non c’era una meta dogmatica da raggiungere. Questa impostazione può ridurre la tensione e favorire un approccio più sereno e curioso. - Sviluppo dell’osservazione critica:
L’escursionista scettico diventa attento e critico: impara a non fidarsi ciecamente delle mappe, dei cartelli, dei consigli di altri escursionisti. Questa osservazione critica può migliorare le sue capacità di problem solving, rendendolo più autonomo e reattivo di fronte agli imprevisti.
Le sfide dell’Escursionismo scettico
- Rischio di disorientamento:
Un atteggiamento che mette in dubbio ogni certezza potrebbe portare a un’eccessiva indecisione. Se l’escursionista non si affida mai a un riferimento, potrebbe vagare senza meta e perdere tempo prezioso. Il segreto è trovare un equilibrio tra dubbio e praticità. - Gestione dell’imprevisto:
Lo scetticismo non significa ignorare la realtà: se ci si trova davanti a un ponte crollato, non si tratta di dubitare della sua assenza, ma di ammettere che la mappa era fallace. Bisogna quindi saper agire in base ai dati contingenti, senza restare paralizzati dal dubbio. - Difficoltà di condivisione con altri escursionisti:
Non tutti apprezzano lo scetticismo: alcuni preferiscono piani ben definiti. Escursionare in gruppo con un atteggiamento scettico può generare tensioni: mentre altri vogliono arrivare a destinazione, lo scettico mette in discussione la stessa nozione di “destinazione certa”. È necessario un compromesso o scegliere con cura i compagni di cammino.
Pratiche consigliate per l’Escursionismo scettico
- Documentazione aperta:
Portare con sé carte topografiche di diverse fonti, usare app affidabili ma anche tenere presente che le informazioni potrebbero essere datate. Lo scettico non si limita a una sola risorsa informativa, ma combina più fonti. - Equipaggiamento essenziale e adattabile:
Essere pronti a cambi di rotta implica avere un equipaggiamento versatile: scarpe resistenti a fondi diversi, abbigliamento adatto a variazioni climatiche, kit base di emergenza. Non si sa davvero cosa si incontrerà, quindi meglio prepararsi a scenari variegati. - Allenamento mentale alla sorpresa:
L’escursionista scettico può allenarsi “filosoficamente” anche in città: uscire senza una meta precisa, decidere in corso d’opera dove fermarsi, osservare l’ambiente con occhio neutro, senza preconcetti. Questo esercizio mentale può rendere più facile approcciare allo stesso modo i sentieri naturali.
Conclusioni: lo scetticismo come via di mezzo tra rigore e caos
L’Escursionismo scettico non va confuso con il disordine completo o con l’improvvisazione priva di logica. È piuttosto una forma mentis che accetta di non avere garanzie: né sulle mappe, né sulle previsioni meteorologiche, né sulle capacità del proprio gruppo, né sulla natura stessa del percorso. Ma da questo dubbio nasce la libertà di esplorare, la serenità nel gestire l’incertezza, la capacità di meravigliarsi per ciò che si trova, anziché provare ansia per ciò che non si ha la certezza di trovare.
In un certo senso, l’escursionista scettico è colui che, invece di vedere nel camminare un semplice spostarsi da A a B, ne fa un’esperienza filosofica e cognitiva: un continuo esercizio di rielaborazione dei dati, di lettura critica del paesaggio, di riflessione sul proprio stato d’animo. Questo approccio, ereditato dai grandi pensatori scettici, consente di vivere l’escursione come un viaggio nella complessità del reale, senza temere di non possedere mai una verità assoluta. Al contrario, si impara ad apprezzare l’assenza di dogmi come un’opportunità, un invito ad essere sempre vigili, curiosi, aperti a nuovi significati e nuove possibilità.
In un mondo in cui tutto sembra dover essere pianificato, definito e controllato, l’escursionismo scettico offre una via alternativa: un sentiero tracciato dall’interrogazione continua, dall’esplorazione dei confini della conoscenza, e dalla consapevolezza che non tutte le domande hanno una risposta certa. E in fondo, forse è proprio questa sospensione del giudizio che rende il cammino verso l’ignoto tanto affascinante.
[In alto: un mosaico bizantino che rappresenta un filosofo in meditazione]