La Tacca Bianca

Note fin dai tempi dei Romani, le cave di marmo delle Alpi Apuane hanno fornito materiali per opere d’arte immortali e oggetti di uso quotidiano, mantenendo per secoli un equilibrio relativamente sostenibile tra l’estrazione e i suoi effetti collaterali.

Le storie dei cavatori1, dei lizzatori2 e dei tecchiaioli3 costituiscono una vera epopea, mentre opere ingegneristiche come i ponti di Vara o la lizza Denham4, ancora oggi visibili, testimoniano un’epoca di sfruttamento ‘illuminato’.

LIzza Denham o della Monorotaia

Quando percorriamo oggi i sentieri che si affacciano sui bacini estrattivi non possiamo fare a meno di pensare alla dura vita dei cavatori che li percorrevano quotidianamente con ben altri equipaggiamenti e che estraevano il marmo con pochi attrezzi e macchinari.

Analogamente, risalendo le vecchie, ripidissime vie di lizza, con scarponi e imbraghi, ben equipaggiati, si fatica ad immaginare come i lizzatori, a prezzo di enormi difficoltà e rischi, potessero trasportare a valle i blocchi di marmo, talvolta enormi, come quelli da cui Michelangelo ha scolpito le sue statue. Allo stesso tempo, osserviamo una montagna ferita: alcuni versanti sono stati completamente abbattuti da uno sfruttamento che definire cieco e indiscriminato è fin troppo generoso. Solo vedendo di persona si comprende l’entità del danno.

Negli ultimi anni, la FIE Comitato Regionale Toscana ha maturato una crescente consapevolezza rispetto al problema dello sfruttamento intensivo delle Apuane. Ha aderito a comitati per la protezione del territorio, proposto moduli formativi nei corsi per Accompagnatori e, dal 2021, ha introdotto una escursione tematica nel calendario annuale degli eventi regionali per sensibilizzare le Associazioni, attraverso l’esperienza diretta.

Monte Procino e i Bimbi

Il primo evento, organizzato con “Salviamo le Apuane”, si è svolto in due giornate nell’ambito del Corso per Accompagnatori di Escursionismo e aperto ai Soci e Socie delle Associazioni: una sul Monte Piglione, area non interessata da attività estrattive, e una intorno al Monte Procinto, zona in passato interessata da cave ora dismesse ma oggetto di nuove pressioni per la loro riapertura.

Durante l’escursione è stata tenuta una conferenza sul quadro normativo regionale.

Nel 2022, insieme agli Amici della Montagna di Camaiore, il Comitato RegionaleToscana ha scelto come meta dell’escursione il Monte Prana, zona intatta e suggestiva, con un approccio divulgativo più informale durante le soste.

Nel 2023 la destinazione è stata il Monte Forato (v. foto di copertina), celebre anche per la leggenda di San Pellegrino e Belzebù5. L’evento ha avuto grande partecipazione, ma l’incanto del paesaggio ha reso difficile porre attenzione agli aspetti critici dell’estrazione.

Bacino estrattivo di Carrara dal Monte Borla

Nel 2024 l’itinerario ha interessato la zona del Rifugio Carrara, il Monte Borla e Foce Pozzi, con scorci emblematici del contrasto tra bellezza naturale e devastazione: da un lato le cave di Carrara, dall’altro le faggete scendendo verso la Rocca di Tenerano e Foce Pozzi.

Purtroppo, la fitta nebbia del giorno ha limitato la visibilità, relegando le immagini dello scempio alle fotografie scattate durante le escursioni preparatorie.

Per il 2025, si era previsto di ripetere l’escursione del 2024. Tuttavia, la coincidenza con l’evento ‘Dal mare alla vetta’, ha imposto un cambio di programma. È stata scelta un’area alternativa, i monti Carchio e Focoraccia: meno noti, ma ideali per osservare da vicino cave attive e dismesse e i bacini estrattivi di Colonnata e del Monte Altissimo. Il percorso, seppur con alcuni tratti esposti, ha offerto una visione autentica della situazione.

Fronte di cava

Il Monte Borla resta nei programmi del Comitato: appuntamento a giugno 2026.

Percorrendo questi sentieri non si può fare a meno di riflettere, anche alla luce del recente servizio della trasmissione Report.

Il problema affonda le radici in un editto del 1751 di Maria Teresa Cybo Malaspina, Duchessa di Massa e Carrara, che riguardava i “beni estimati”, ovvero quelle cave i cui diritti di sfruttamento erano già registrati nell’estimo dell’epoca, e concedeva ai loro possessori un presunto diritto perpetuo di estrazione e proprietà, trasmissibile agli eredi. Questi diritti, mai del tutto riformati, coprono oggi circa un terzo delle cave, perpetuando una sorta di proprietà privata sull’estrazione.

Il restante 67% è regolato da leggi della Regione Toscana del 2017, che demandano ai Comuni la gestione. Il canone versato è esiguo rispetto agli utili: in certi casi si registrano margini superiori al 300%.

Bacino estrattivo del Monte Altissimo

La narrazione dell’estrazione a fini artistici è ormai un alibi: solo una piccola frazione del marmo è destinata all’arte. Il resto è impiegato nell’industria cosmetica, nei sanitari, nella decorazione di ambienti di lusso e perfino in ambito militare.

Oltre all’impatto economico e paesaggistico, vi è quello ambientale: la contaminazione delle riserve idriche con marmettola6 è una minaccia concreta, ancora poco conosciuta per le sue ripercussioni fisiopatologiche.

Cave del Monte Maggiore e Lizza del Nonno o del Padreterno

La FIE Comitato Regionale Toscana non intende voltarsi dall’altra parte e intende proseguire con determinazione nella sensibilizzazione delle Associazioni affiliate sul problema dello sfruttamento delle Alpi Apuane. “Le Montagne non ricrescono” è un motto che ben riassume il problema. Crediamo che solo la conoscenza diretta di questi luoghi, la vista delle ferite inferte al paesaggio e il contatto con materiali come la marmettola possano generare una consapevolezza diffusa.

L’obiettivo è contribuire alla nascita di un’opinione pubblica informata, capace di chiedere con forza soluzioni sostenibili e rispettose del territorio.

A cura della F.I.E. Comitato Regionale Toscana
Roberto Rosi
Consigliere e Commissario Parchi e Aree protette del
Comitato Regionale Toscana

 

  1. Cavatori: storicamente, operai addetti alla estrazione del marmo con tecniche “semimanuali”, oggi esteso a personale addetto a escavatori, gru, camion e altri macchinari usati in cava.
  2. Lizzatori: cavatori storicamente addetti al trasporto a valle dei blocchi di marmo, caricate su apposite slitte, lungo le “vie di lizza” (percorsi su massicciata a secco o lungo i ravaneti); mestiere estremamente pericoloso: molti lizzatori morivano o rimanevano mutilati, travolti dai blocchi di marmo.
  3. Tecchiaioli: Operai che nelle cave di marmo apuane hanno il compito di sorvegliare il fronte di cava e il suo ciglio superiore eliminandone i massi pericolanti che cadendo potrebbero causare infortunî; legato saldamente a una corda, viene calato lungo le pareti per raggiungere i blocchi da distaccare.
  4. Lizza Denham o lizza meccanica o lizza delle monorotaia: la sua particolarità era il sistema di progressione del carico di marmo che avveniva su un carrello frenato, la “macchina di Denham”, lungo una monorotaia, in parte ancora esistente. Dismessa nel 1975, la salita lungo questa lizza è oggi una delle escursioni più impegnative (per tecnica e fatica) delle Alpi Apuane.
  5. La leggenda del Monte Forato narra che San Pellegrino, in eremitaggio sull’Appennino nei pressi del Passo delle Radici, infastidito dalle continue tentazioni di Belzebù, gli tirò un violentissimo ceffone che lo scaraventò contro le Alpi Apuane, con forza tale da perforare la montagna.
  6. Marmettola: fango disidratato carbonatico, residuo della lavorazione del marmo, composto da polvere di marmo, tracce di acciaio provenienti dalle lame di taglio, terriccio, oli e altri lubrificanti.

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